di Andrea Bertocco
Riprendendo l’Albero di Natale (il soggetto del FOTONIContest#5) e una volta elaborato l’immagine, mi sono accorto che in alto a sx del campo da me inquadrato, c’era un piccolo e strano oggetto. Come potete osservare, nell’immagine qui sotto, il soggetto è molto intrigante e interessante. Ad una prima occhiata, sembra trattarsi di una piccola cometa, ma
facendo uno zoom della zona, la visuale cambia ed è palesemente visibile che si tratta di qualcos’altro.

Dato che non conoscevo il soggetto, ho deciso di indagare ricorrendo innanzitutto ad un semplice planetario per evidenziare l’oggetto e vedere com’era catalogato e se aveva qualche nome particolare.

Stellarium mi indicò che l’oggetto era una la piccola nebulosa nota come NGC2261 o anche conosciuta come “Nebulosa di Hubble” (AR:06h39m09.95s, Dec:+8°44’09.7” al 2000).
Si tratta di una piccola nebulosa soggetta a variazione luminosa con in “punta” una stella la quale però non è la causa della variabilità di quel piccolo ventaglio celeste.
La stella in questione, identificata nel catalogo dell’AAVSO come R Monocerotis, è in realtà un sistema binario costituito da una stella principale con una temperatura superfiale di 35000°K mentre la compagna ha una temperatura di 5000°K.
Il sistema appartiene alla classe di stelle variabili tipo T Tauri, cioè stelle delle prime fasi di formazione stellare, meglio definite come di Pre-Sequenza cioè stelle che ancora non sono posizionate nella Sequenza Principale del diagramma HR che vediamo qui sotto (il diagramma teorico di Hertzsprung-Russell mette in relazione la Temperatura Efficace con la Luminosità e l’Indice di Colore con la Magnitudine Assoluta).

Le variabili T Tauri presentano una curva di luce irregolare (come si osserva nell’immagine qui sotto), costituita probabilmente dalla somma di più ciclicità dovute al moto periodico del sistema binario, alla forte presenza di campi magnetici che attraggono gas e nubi di polvere che provocano intensi brillamenti ed estese macchie luminose sulla loro
superficie ed infine la presenza di un disco di accrescimento che ne complica il sistema. Emettono inoltre radiazione X, Radio e presentano potentissimi venti stellari dovuti alla forte attività.

Data la presenza della nebulosa associata a questa variabile, il sistema appartiene anche alla classe degli oggetti Herbing-Haro (chiamati così in onore dei due astronomi che ne hanno scoperto e definito le caratteristiche), cioè una particolare categoria di oggetti costituiti da nebulose a emissione debolmente luminose visibili all’interno o ai margini
delle regioni di formazione stellare. Si formano quando il gas ionizzato generalmente allo stato di plasma, espulso sotto forma di getti in corrispondenza dei poli di stelle in fase di formazione, collide con le dense nubi di gas e polveri a velocità supersoniche. Le onde d’urto che si generano eccitano gli atomi dei gas che si illumina per triboluminescenza,
cioè una particolare luminescenza che si genera quando alcuni materiali, sottoposti a sforzi meccanici, emettono parte dell’energia assorbita sotto forma di onde elettromagnetiche. Durante il loro spostamento dalle stelle madri, gli oggetti HH si evolvono significativamente, variando di luminosità in un breve arco di tempo (alcuni anni). I singoli
addensamenti di gas all’interno del flusso risplendono per un certo periodo di tempo, dopodiché si affievoliscono o scompaiono del tutto, mentre ne appaiono immediatamente di nuovi. Le variazioni sono causate dalle interazioni sia tra getti e mezzo interstellare sia tra varie porzioni di gas all’interno dei getti, accelerate a differenti velocità.
Quindi tutti questi fenomeni, sono quelli che generano la variazione luminosa della nebulosa associata a R Monocerotis.
In pratica, il sistema e la nebulosa ad essa associata, sono per gli astronomi un qualcosa di “scientificamente appetitoso” come lo sono per un veneziano i “Bigoi in Salsa“ o un piatto di “Seppie in umido con polenta”, metaforicamente e gastronomicamente parlando.
La scoperta a suo tempo del sistema di R Monocerotis e della sua nebulosa, fu come una tavola imbandita ricca di prelibatezze, che portò i professionisti ad occuparsene e studiarne le caratteristiche per anni con tutte le risorse professionali disponibili (dai più potenti Radiotelescopi all’HST), passando anche per i neofiti (gli astrofili sono infatti
gli unici che hanno tempo di osservazione per seguire il sali-scendi della curva di luce per anni), in tutte le lunghezze d’onda.
A questo punto, come astrofilo, non mi resta che constatare quali dati posso ricavare dall’analisi delle immagini R, G e B riprese del mio Albero di Natale, e provare a confrontarli con quelli di catalogo.

Utilizzando il task imexamine di IRAF ricaviamo direttamente la Magnitudine Strumentale (m_st). Se a questa aggiungiamo il Punto Zero (Zpt), ricavabile dall’header dell’immagine, e sottraiamo il prodotto tra la massa d’aria (X) e il coefficiente di estinzione atmosferica (k), anche questi ricavabili dall’header, otteniamo in prima battuta la magnitudine calibrata alla quale dobbiamo poi aggiungere il tempo di esposizione e la scala dello strumento ottenendo così la magnitudine per il filtro considerato.
Mag=((m_st+Zpt)-kX)+2.5log(T_Exp)+5*log(Scala)
Nel nostro caso, otteniamo infine le seguenti magnitudini per i filtri R, G e B:
Mag_R=10.51 (Simbad R=10.65) Mag_G=10.63 (Simbad V=11.85) Mag_B=10.81 (Simbad B=12.46)
che sono tutte leggermente superiori rispetto ai valori medi del catalogo Simbad.
Tenendo conto però che i filtri non sono quelli del sistema fotometrico standard (J-C o J-M) o della SDSS e che R Monocerotis ha una magnitudine variabile tra la 9.5 e la 13, direi che più o meno ci siamo.
Per ottenere qualcosa di più preciso, bisognerebbe utilizzare la fotometria relativa. Anzi, proprio con questo metodo le magnitudini quasi coinciderebbero, ma qui lo scopo non è di ottenere dei valori di magnitudine tanto precisi, ma quello di capire le possibilità di lavori e studi che si possono intraprendere partendo da un’immagine inizialmente pensata solo
per essere ammirata in tutta la sua bellezza.

Qui sopra possiamo osservare l’andamento della curva di luce nel Visibile della variabile, e come precedentemente accennato, sembra essere la combinazione di almeno 3 o forse 4 sotto-periodi di cui i primi due (uno di circa 7 anni mentre l’altro più o meno di un anno) sono ben visibili nel grafico, mentre uno o due molto più rapidi potrebbero avere
una variazione dell’ordine di alcuni giorni/ore.
Sarebbe interessante passare questi dati al mio script Python descritto su https://astrotrex.wordpress.com/2022/02/23/latrasformata-di-fourier-esperienze-passate-e-presenti/ giusto per vedere quante e quali ciclicità riusciamo ad ottenere con la Trasformata di Fourier e la sua Inversa, ma dato che al momento non riesco a fare questo per mancanza di tempo, sarà mia premura pianificarlo per un prossimo report T-RexWork.
Dai cataloghi ricaviamo altre interessanti informazioni riguardanti la variabile. Il sistema è in avvicinamento (cioè si sta spostando verso noi) come indica il suo redshift z=-0.000595 ad una velocità di 178.5 km/s e si trova ad una distanza di circa 2500 anni luce. La stella principale presenta una classe spettrale di tipo B8IIIe, mentre la secondaria risulta essere
GV. Hanno una massa di 3.4 e 1.5 masse solari e un raggio rispettivamente di 2.8 e 6 raggi solari.
Come avete potuto leggere in queste righe, l’astrofilia vera non si limita alle sole foto da astro-paparazzo ma va ben oltre. E’ anche una attenta ricerca dei particolari di un’immagine che la nostra strumentazione può aver ripreso a nostra insaputa. Quando ci si imbatte in un qualcosa di “strano” nelle nostre immagini, è sempre bene approfondire cosa abbiamo ripreso e cosa può essere quel particolare oggetto a noi sconosciuto. Magari il soggetto è noto e studiato da tempo dai professionisti, come il caso di R Monocerotis, ma ricercare più informazioni sull’oggetto o la sola curiosità, amplifica la nostra conoscenza su questo fantastico Universo.
Cieli Sereni!